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Fisica quantistica in pillole

Fisica quantistica in pillole
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E la spiegazione, ribadì Bohr, poteva essere una sola: mentre nel mondo di Newton la realtà esisteva indipendentemente dall’osservatore, in quello dei quanti esisteva in funzione dell’osservatore, e di dove questo rivolgeva lo sguardo. – See more at: www.spaziosacro.it/interagisci/blog/blog2.php/il-multiverso-i-mondi-paralleli#sthash.fZgV6GXV.dpuf

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

(il gatto di Schroedinger)

Fisica quantistica in pillole

Nella prima metà del secolo scorso sono state formulate tutta una serie di teorie fisiche che prendono il nome di meccanica e/o fisica quantistica che mostrano e descrivono com’è la materia a livello microscopico (ovvero a livelli di grandezza inferiori all’atomo).

Le particelle atomiche vengono, in questa disciplina, descritte come onde di probabilità o quanti. Questa disciplina quindi, spiega e misura tutti quei fenomeni che non possono essere giustificati facendo ricorso alla fisica classica o Newtoniana.

Nel mondo quantistico, i processi fisici hanno luogo in forma di salti quantici e sono discontinui (un salto quantico è il passaggio immediato di un sistema da uno stato quantico ad un altro. Questo processo si chiama “salto” perché discontinuo, cioè, il sistema non attraversa un continuo di stati intermedi mentre nella fisica quantica si prevedono solo grandezze continue).

Tali salti però sono infinitesimali e quindi l’enorme numero di salti quantici che si verificano possono dare l’idea o illusione di un mondo (quello quantico) ove i cambiamenti sembrano avvenire in modo continuo e regolare.

Se applichiamo la Fisica quantistica alla biologia non possiamo che evincere che le nostre cellule hanno una loro intelligenza e sono dotate sia di scopo che di intenzioni ben precise e ovviamente in grado di sopravvivere. In ogni cellula c’è una centrale ‘pensante’ che viene condizionata non dai geni di cui è composta ma dall’ambiente biologico in cui vive.

Da ciò ne consegue che possiamo decidere in qualsiasi momento, di operare cambiamenti tesi a migliorare il nostro equilibrio e il relativo benessere.

Alcuni dettagli

  1. I quanti
      1. Gli atomi sono costituiti da luce e da particelle. Gli atomi sono alla base della materia (noi esseri umani e tutto ciò che ci circonda siamo fatti di materia) e sono costituiti di concentrati di energia infinitamente piccoli, i quanti, che si comportano come onde, oppure in modo corpuscolare (o particelle). Sarebbe più preciso dire che al livello atomico la materia ha le caratteristiche dell’onda (come quella che si ottiene lanciando un sasso nell’acqua); però se lo si osserva, assume la forma di particella o corpuscolo. Questa duplice natura o principio di complementarietà, è stata scoperta nel 1924 dal fisico Louis De Broglie (1892-1987) che nel 1929, grazie a questa scoperta, vinse il nobel.
        Esistono in rete vari filmati che mostrano questo comportamento; un esperimento, detto delle due fessure, dimostra quanto esplicitato sopra. Quindi, tutto l’universo, noi compresi, è formato di particelle che si comportano da tali se le osserviamo ma come onde quando non le osserviamo. 
        La spiegazione, ribadì Bohr, poteva essere una sola: mentre nel mondo di Newton la realtà esisteva indipendentemente dall’osservatore, in quello dei quanti esisteva in funzione dell’osservatore e di dove questi volgeva lo sguardo.
  2. Principio di indeterminazione di Heisenberg
    La posizione e la velocità della particella non sono individuabili nello stesso istante temporale. Se cerco di determinare in modo accurato la velocità, meno preciso risulta determinare la posizione e viceversa. Questo fa capo al famoso principio di indeterminazione di Heisenberg (1901 – 1976) fisico tedesco che ottenne il premio Nobel nel 1932.
    Verrebbe da pensare che questa indeterminazione dipende dagli strumenti, invece, molti esperimenti confermano che è proprio così che si comporta la materia essendo una sua specifica caratteristica.  Questo principio estende l’indeterminatezza anche a valori come energia e tempo. Se cerco di misurare la durata della particella, non riuscirò ad essere altrettanto preciso nel determinare la sua energia e viceversa.
  3. Fenomeno  di Entanglement
    Se facciamo interagire due particelle per un certo periodo di tempo  e poi vengono separate, modificando lo stato di una delle due, accade la stessa sollecitazione nell’altra particella, anche se la distanza tra le due particelle è elevata. In altre parole è la capacità di due o più sistemi quantistici di fare la stessa cosa, restando inseparabili, anche se distanti tra di loro. Questo fenomeno prende il nome di Entanglement.entaglement
    Questo fenomeno viola un principio, quello di località, che afferma che ciò che accade nel luogo A, non può avere riflessi immediati altrove.

Albert Einstein, si rifiutò di accettare l’ipotesi che una particella potesse condizionare un’altra particella (che hanno interagito) nello stesso e identico momento. Lavorò tutta la vita per dimostrare che la violazione di località fosse solo un’illusione, ma ogni suo tentativo risultò vano, anzi molti altri esperimenti effettuali da altri fisici non facevano che confermare la cosa, ovvero, ogni particella con lo stesso stato quantico di un’altra particella rimane collegata alla particella in maniera non-locale.

Finalmente, l’esistenza dell’entanglement fu dimostrata nel 1982 dal fisico Alain Aspect seppellendo definitivamente la posizione assunta da Einstein. Ulteriore conferma ci viene fornita nel 1998 grazie ad un esperimento noto come teletrasporto, effettuato con successo dall’Institute of Technology (Caltech) di Pasadena, in California ma anche dagli scienziati dell’istituto di fisica e Tecnologia di Mosca (MFTI). Al momento è stato trasportato solo un fotone, ma in futuro potranno essere trasportate anche altre informazioni. Se è difficile trasportare un atomo lo è ancora di più trasportarne due (dalle 3 alle 8 volte). Teletrasportare un uomo è ovviamente spaventosamente più complesso.
A questo principio tenterei di accostarne un altro, quello della sincronicità di Jung ove tra l’altro si sostengono fenomeni relativi a quei fatti quotidiani dove accadono cose, e si costituiscono legami molto sottili che si creano tra le cose e le varie energie.

  1. I mondi paralleli
    Nel 1957 un fisico quantistico di Princeton, Hugh Everett, partendo dalla relatività di Einstein, formulò una teoria ove si sostiene l’esistenza di mondi diversi dal nostro, i “multiverso” meglio noti con il nome di mondi paralleli. La teoria sostiene che in nostro universo, quello in cui agiamo,  non è unico dal momento che, in teoria, ce ne sarebbero infiniti. Il mondo oggettivo, quello fuori di noi, ovvero quello con cui interagiamo, è solo una costruzione della nostra coscienza e, in quanto tale, paradossalmente, non esisterebbe. Allora cosa ci circonda? Secondo Everett, siamo circondati da un ologramma, ciò che vediamo è solo un’immagine virtuale, dal momento che ciò che i nostri sensi percepiscono, è solo una illusione. Secondo la interpretazione di Copenhagen (quella delle particelle che diventano onde etc), quando un elettrone (particella) passa attraverso il famoso foro, per la teoria dei mondi paralleli, il mondo si sdoppia, producendo tutte le probabilità teoriche con cui l’elettrone era messo a confronto.
    Se qualcuno pensa, come era accaduto negli anni della prima formulazione negli anni 50, che questa idea è bislacca, sappia che negli anni 70, nei laboratori della General Electric e della Bell Telephone, un esperimento ha  confermato che l’interpretazione di Copenhagen è esatta, dal momento che dimostra esattamente ciò che succede nel mondo subatomico. Per la fisica quantistica, questa stranezza non è relegata alle osservazioni fatte al microscopio, ma si estende a tutto il resto. In natura, funziona così, anche se ancora non si sa perché. Non solo per l’elettrone ma anche per la vita di tutti i giorni, noi umani, riusciamo a vedere solo una delle infinite possibilità. Secondo la teoria (dimostrata nei laboratori) si verificano anche tutti gli altri. Dove? Nei mondi paralleli di Everett.

Quali sono le implicazioni psicologiche?

Intanto mi sembra molto utile un accenno a tutti questi fatti sincronici che possono essere definite coincidenze. Jung riteneva che esistono due tipi di coincidenze: casuali e significative (o acasuali).

In merito all’Entanglement, diversi esperimenti scientifici hanno evidenziato che nel cosmo esistono gli stessi collegamenti sottili, senza nè spazio nè tempo, osservati in campo quantico. Ciò non bastasse, la stessa cosa accade negli organismi viventi e ovviamente tra questi organismi e il loro ambiente.

Per non parlare delle connessioni che si generano tra le persone che proiettano se stessi al corpo e mente delle altre persone, a prescindere dalla distanza e dal tempo, cioè in maniera non locale, violando il principio, tanto caro ad Einstein, di località.

La psicologia che trae spunto dalla fisica quantistica, si avvale di alcuni principi.

Com’è noto tutti sanno che ciò che attiene alla psicologia si suddivide tra processi coscienti e inconsci

Il principio di indeterminazione (vedi sopra) che attribuisce molta importanza all’osservatore (che nella fisica Newtoniana non ha rilevanza) è intimamente legato al nostro modo di pensare e interagire. Sul piano quantico, ogni evento sta sempre nella posizione e/e (e non e/o) ovvero sotto forma di possibilità. Una data cosa può essere rossa ma anche gialla e non rossa o gialla.

Questo almeno finchè non accade e magari decide di essere rossa. Ma, in un altro mondo parallelo sarebbe gialla. Se le probabilità di un certo evento fossero infinite allora avremmo infiniti mondi paralleli ove accadono tutte.

Nel momento in cui la coscienza li osserva, emerge la sua reale e compiuta natura, mentre tutte le probabilità si realizzano nei mondi esposti sopra, anche se ovviamente a noi interessa solo ciò che accade nel nostro mondo. 

In merito ai processi creativi, la loro “responsabilità” viene vista come una nuova possibilità del creatore che, non più vittima degli eventi, smette di essere una mera creatura per assumere  quello di creatore.

INCONSCIO e fisica quantistica

Nell’inconscio, la funzione d’onda, è soggetta a continue fluttuazioni non prevedibili, è una potenzialità, ed è anche un’onda di probabilità e una sovrapposizione di possibilità simultanea, Ebbene dal momento che funziona come campo quantistico, da quella nuvola di possibilità, l’osservatore una ne sceglie e quindi solamente una si realizza, divenendo reale.

Gli psicologi ci hanno detto che alla base dell’apprendimento e della memoria c’è l’inconscio, e quindi la coscienza potrebbe essere vista come  la parte macroscopica che emerge dal collasso delle fluttuazioni dell’altro mondo, quello microscopico dell’inconscio.

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