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Relazioni conflittuali tra la madre e la figlia

conflitti tra la madre e le figlie
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Foto di Sasin Tipchai da Pixabay

I conflitti tra mamma e figlia

 Anche nelle famiglie di oggi, dove l’attenzione alle esigenze dei figli  è molto più presente che in passato, notiamo che i conflitti generazionali ovvero, i conflitti tra la madre e le figlie anche se attenuati, persistono, ed evidenziano non una rottura ma una necessità di rimodulare la relazione.

Viene da chiedersi: tutto ciò è fisiologico? Ovvero, per crescere, lo scontro è proprio necessario?

Lo scontro relazionale

Questo scontro avviene più tra i figli e la madre e più in particolare tra le figlie e la madre, dal momento che gli adolescenti  vedono la figura paterna meno conflittuale rispetto a quella materna.

Vediamo come viene interpretato questo conflitto madre-figlia sotto la lente della teoria psicoanalitica.

Lo scontro relazionale e la psicoanalisi

Gli studi di Neumann sul mito della Grande Madre  ci permettono di farci un’idea in chiave archetipica del fenomeno che andiamo a trattare.

I conflitti tra la madre e le figlie, prevalentemente bella fase dell’adolescenza, queste, le figlie, ‘sentono’ che la relazione materna offre maggiori difficoltà verso l’autonomia, dal momento che c’è una maggiore dipendenza affettiva, mentre il padre viene percepito come favorevole all’autonomia.

E’ quindi la madre che, inconsciamente, tiene i figli legati a quel passato, ove il mondo era percepito solo in funzione della mamma.

Onnipotenza materna

Del resto, chi si prende maggiormente cura dei figli nei primi anni di vita se non la mamma? Ecco perché, e Neumann lo spiega molto bene, anche con tantissimi riferimenti mitologici,  l’onnipotenza della madre invischia e frena l’autonomia dei ragazzi.

La madre, quindi svolge un ruolo ambivalente ovvero, infonde sicurezza, ma allo stesso tempo rende dipendenti.

Alla fine, è la madre ontologica, mistica, trascendente, incarnata dalla madre reale, che pone l’adolescente nella necessità di svincolarsi, interrompere quel legame per …. Affermare la propria individualità.

Se tutto ciò è vero per i figli (maschi e femmine) lo è molto di più per le femmine a causa dell’identità di genere che rende il loro rapporto più intimo.

Ecco che  l’adolescente femmina avverte (inconsciamente), che la madre rappresenta un pericolo ed un ostacolo verso la conquista del bene più prezioso: la propria femminilità.

In questa fase la madre è vista come onnipotente (da punto di vista della femminilità) in entrambi i possibili aspetti: positivo e negativo.

La piccola, per poter ‘reggere’ il confronto esercita (sempre inconsciamente)  sentimenti come: svalutazione, invidia, disprezzo, etc.,  tesi a ferire la madre.

Il motivo di questi atteggiamenti, che altro non sono che meccanismi di difesa dell’Io, servono fondamentalmente a ridimensionare una figura che è altamente idealizzata e che viene percepita come irraggiungibile.

Il processo di idealizzazione

In questa situazione, come in quelle adulte, si instaura un processo di idealizzazione caratterizzata da eccessi che spesso si alternano con fasi svalutativi, anch’essi esagerati e acritici.

Nei conflitti tra la madre e le figlie, le madri, oggetto di queste aggressioni, spesso se ne lamentano e se ne rattristano, ma è un errore perché questi atteggiamenti indicano (anche se non sempre, sicuramente spesso) segnali di ‘trasformazione’ o ‘svolta’ che oltre ad essere inevitabili sono anche un chiaro segno di evoluzione e di allontanamento (a cui ogni madre dovrebbe tendere: l’affrancamento dei propri figli e delle proprie figlie – compito non facile a cui molte madri spesso falliscono).

Quando questo accade la fanciulla-adolescente (stiamo parlando delle primissime fasi dell’adolescenza) comincia ad allontanarsi e ad allentare quei legami tipici della fanciullezza (preadolescenza) utilissimi fino a quel  momento ma pericolosi da questo punto in avanti.

Questo legame (materno) deve allentarsi per far posto ad altre relazioni femminili (quelle delle coetanee o delle zie illuminate) utili per favorire lo sviluppo di altri modelli, necessari per completare lo schema della sua femminilità sulle basi di una più completa libertà ed autonomia.

Diventare grandi

La madre (contrariamente al padre), in questa fase, rappresenta il pericolo maggiore perché è un ostacolo al suo destino: diventare grande.

Una figlia obbediente e non contestatrice, rappresenta sicuramente un ‘impiccio’ di meno, perché non ci sono né contrasti né conflitti, ma questa ‘calma’ dovrebbe essere oggetto di preoccupazione perché è un indice di un attaccamento innaturale e che, inevitabilmente, mette in crisi la fase di crescita.

Oggi, molto, ma molto più che in passato, assistiamo ad un cambiamento del costume che altera ciò che è stato ‘naturale’ nel passato in questo rapporto madre-figlia adolescente.

Il genitore come amico

Oggi, il Puer, esercita la sua influenza in modo quasi incontrollato. Assistiamo a mamme di 40 e più anni che giocano ruoli caratterizzati da egocentrismo e narcisismo. Le madri fanno sempre più le amiche e vivono e pensano come le figlie (incesto emotivo?)

Queste madri che vorrebbero ‘fermare il tempo’, passano ore in palestra a tonificare il proprio corpo, cercando a tutti i costi a mantenere un corpo giovane, come quello delle proprie figlie, rifiutano di invecchiare; tutti quei casi ove vengono scambiate per sorelle e non per madri, rappresentano (per le figlie) un ulteriore ostacolo per il loro sviluppo.

Un ostacolo che può essere ingombrante.

Questa madre, eternamente giovane, paradossalmente potrebbe portare la figlia a consolidare l’identificazione, tutto a discapito dell’autonomia.  

Se mi identifico con mia madre, non mi sognerò mai di prendere il suo posto in seno alla società, altrimenti corro il rischio di distruggerla.

Allora, cosa faccio: rifiuto la mia femminilità, oppure esprimo e supero la mia gelosia con esperienze sessuali discutibili scambiandole per un mio autonomo desiderio mentre invece, altro non sono che ‘aggressioni’ contro chi? Contro una madre percepita come rivale

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