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Quella persona, a pelle, non mi piace  

Quella persona a pelle non mi piace
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Foto di Alexandra_Koch da Pixabay

Quella persona, a pelle, non mi piace

quante volte abbiamo detto: quella persona, a pelle, non mi piace?

Capita che una persona ci sia antipatica e quando accade, il motivo potrebbe essere legato all’ombra, il lato oscuro dell’uomo.

Nel nostro caso, quando una persona, istintivamente, a pelle come si dice oggi, ci infastidisce, ci irrita, non ci piace, etc. potrebbe voler dire che:

  • Con questa persona, facciamo fatica a entrare in sintonia perché le nostre illusioni non sono sostenute e di conseguenza, se una cosa è palese, non la ignora per compiacerci, non riusciamo a dargliela a bere distorcendo la verità e non si presta ai nostri giochetti.
  • Lui/lei è il riflesso della nostra ombra, ovvero è in grado (ovviamente inconsciamente) di riflettere ciò che di noi non ci piace. L’altro ha qualità (che abbiamo anche noi) che assolutamente non ci piacciono.
  • Il soggetto potrebbe ricordarci un qualcosa (problema, evento, etc) che ha ancora qualche effetto in noi, oppure ricordarci cose ancora sospese dentro di noi, tipico delle situazioni non risolte e che ancora ci limitano.
  • La persona ci mostra ciò che vorremmo ma che ancora non siamo in grado di essere o avere. Perché i nostri limiti ancora ce lo impediscono. Invece di ammettere un pizzico di sana invidia, inconsciamente, tendiamo a denigrarlo, con la speranza di abbassarlo ai nostri occhi.
  • Ci sentiamo trattati male esattamente come facciamo noi, ma con noi stessi.

I meccanismi di difesa

Se quella persona, a pelle, non mi piace, il principio insito in ciò che abbiamo espresso sopra, si focalizza sul riflesso che vediamo sulle altre persone.

Il meccanismo di difesa è ovviamente quello della proiezione. Proiettiamo quindi parti di noi all’esterno e quando una persona ci è ‘cordialmente antipatica’ dovremmo valutare proprio ciò che ho scritto sopra: su di lui/lei abbiamo proiettato cose nostre che facciamo fatica ad accettare.

Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo?

(Luca 6,41)

Questo tipo di esperienza, ci porta ad allontanare o ad allontanarsi da queste persone anche se, si dovrebbe evincere (da quanto citato sopra), che dietro questi incontri apparentemente negative, si cela una grande opportunità: mettere in luce l’ombra e di conseguenza, elaborarla e risolverla.

I nostri processi interni sono diabolici perchè inconsci. Per liberarci e finalmente esprimere il meglio di noi, occorre rendere conscio tutto ciò che è inconscio e l’incontro con questi personaggi altro non è che l’incontro con l’ombra, il lato peggiore di ognuno di noi.

Approfittare delle circostanze favorevoli

Quando incontriamo persone affini, quell’incontro, che può tradursi in un’amicizia o in un amore, ci rende felici e più completi.

Il contrario invece genera rifiuto e fuga. Ma anche se la situazione ci disturba, dovremmo valutare l’opportunità di non sprecare quella circostanza.

Come diceva George Bernard Shaw, ci si lamenta spesso, quando le cose vanno male, che è per colpa delle circostanze. Però, sempre citando Shaw, le persone che progrediscono nella vita, sono solo quelle che si danno da fare e utilizzano solo le circostanze utili e se non si trovano, fanno di tutto per crearle.

Guardare dentro di noi

Ecco allora che, difronte ad un individuo che ‘a pelle’ non ci piace, si crea l’opportunità di apprendere più cose di noi. Il fastidio che proviamo, invece di indurci alla fuga, dovrebbe essere trasformata in una ‘circostanza’ che potrebbe aiutarci a progredire.

Proviamo a iniziare a valutare la persona, sulla base della griglia sopra esposta: a quale dei cinque motivi esposti è quello che fa più il caso nostro. Quale rabbia, dolore, paura ha riattivato l’incontro?

Smettiamola di usare i stessi modelli, quella di cercare eventuali colpe fuori di noi. L’inconscio agisce attraverso i sogni, attraverso i lapsus, tramite i sintomi (nevrosi), ma anche attraverso le proiezioni.

Se non ascoltiamo il messaggio, l’inconscio tornerà a torturarci, finchè non ci decideremo di prestargli ascolto.

Paradossalmente, se una persona ci fa soffrire, dovremmo essere, paradossalmente, grati a quella persona, proprio perché mostrandosi per quello che è (un narcisista, un manipolatore, una persona tossica, etc) ha evidenziato la nostra fragilità e implicitamente, andrebbe vista come opportunità (purchè venga colta) in grado di  attivare il processo di guarigione.

Certo, da chi ci fa male, dobbiamo difenderci. Dobbiamo difenderci dalle persone tossiche, ad esempio allontanandoci ma, dobbiamo chiederci: perché quella persona mi provoca tanti disagi? In primis la allontano ma poi cerco di capire quale tasto ha premuto.

Se una persone ci spaventa, ci mette paura, allo stesso modo, potremmo difenderci allontanandoci.

In tal modo, cogliendo cioè l’eventuale opportunità,  abbiamo maggiori chance di rendere conscio ciò che prima non lo era e diventare più liberi. Diventando più liberi, realizziamo che nessuno può veramente ferirci attraverso azioni o parole (magari denigratorie).

Le nostre ferite invisibili

Le nostre ferite accumulate durante tutti gli stadi della vita (fanciullezza, adolescenza, maturità), ci hanno resi più forti anche se pieni di lividi, mentre altre, nascoste o invisibili ci hanno reso inconsapevoli.

Quei lividi, oppure quelle ferite invisibili, sono il risultato del nostro dolore, disagio, nevrosi.

Con questo dolore, a volte ci sono danni collaterali (ad esempio questo dolore è rappresentato da tutte quelle persone che abbiamo lasciato andare perché non in grado di gestire) perdonabili, quando la soglia di questo dolore risulta insopportabile.

La relazione con le persone è sempre critica perché siamo tutti diversi e spesso i nostri bisogni e le nostre aspettative possono risultare non in sintonia. Se abbiano troppe aspettative, dovremmo imparare a calibrarle.

Coltivare il benessere interiore

Il benessere interiore non ci viene prevalentemente dall’altro, ma viene generato dentro di noi, attraverso il processo di individuazione teso ad una migliore conoscenza di noi stessi.

Quindi, come l’altro non è il solo artefice della nostra felicità non andrebbe mai visto come il carnefice, unico responsabile della nostra infelicità, perché come abbiamo detto sopra, sta solo risvegliando ciò che è sepolto dentro di noi, ma che non chiede altro, che essere portato alla luce e risolto una volta per tutte.

Una delle leggi universali recita: ognuno è vittima e carnefice di se stesso.  

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