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Edipo nella vita quotidiana

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Il complesso edipico

Il mito di Edipo, descritto da Sofocle nell’Edipo Re, ha avuto ed ha un grande successo perché esprime un comportamento tipico (archetipico) comune a tutti gli esseri umani (tutti i popoli della terra).

Vediamo perché

Tutto inizia con Laio, un re esule alla corte di un altro re, Pelope. Laio si innamora di Crisippo, il figlio del re e pensa bene di rapirlo. Questo gesto non è stato apprezzato e per questo la stirpe di re Laio fu maledetta.

Edipo, figlio di Laio e Giocasta, nasce quindi, incolpevole, con una maledizione che pende su tutta la stirpe.

Una maledizione che potremmo definire come una sorta di informazione negativa e quindi patogena che ereditiamo nascendo. Queste forme di ‘maledizioni’ che attengono ad una famiglia, oggi potrebbero essere annoverate, ad esempio, a forme di malattie ereditarie (pensiamo ad esempio alle talassemie, emofilie e tante altre malattie che in fase anamnestica vengono definite con il termine: familiarità.

Naturalmente queste ‘maledizioni’ attengono anche a disturbi del comportamento come ad esempio la schizofrenia, psicosi, depressione, ansia (mia madre e mia nonna erano depresse e quindi forse anche io lo sono perché l’ho ereditato e cosi via).

Edipo nasce quindi con una maledizione che, come abbiamo citato sopra, potrebbe riferirsi ad un qualcosa di ereditato, che la medicina dell’epoca non era in grado di spiegare scientificamente.

Dopo il rapimento, Laio torna a Tebe e sposa Giocasta. Dopo le nozze il solito oracolo guastafeste avvisa Laio che il figlio nato dalle nozze con Giocasta prima o poi lo avrebbe ucciso. Edipo nasce e Laio lo consegna, dopo aver praticato un buco ai suoi piedini (per essere appeso ad un albero) ad un pastore, con l’incarico di lasciarlo su un monte li vicino. Il pastore però, fece altro. Affidò Edipo ad un pastore di Corinto e da questi al re, Polibo che, essendo senza figli pensò bene di adottarlo e di dargli come nome Edipo.

Edipo si salva quindi per puro caso e grazie alle circostanze (Polibo non aveva figli). In questo travaglio, si ravvisa un motivo universale.

Si lascia la propria casa per indirizzare le proprie energie al di fuori del circuito famigliare. Praticamente quello che facciamo tutti; una volta cresciuti, ci cerchiamo un lavoro e ce ne andiamo via e formiamo una nuova famiglia.

Durante un banchetto, qualcuno evidenzia che Edipo non somiglia a nessuno dei genitori da qui la decisione di andare dall’oracolo di Delfi per avere lumi sulla sua vera origine.

Anche qui, molte somiglianze con la quotidianità di ognuno di noi. Quante offese più o meno dolorose in merito ai nostri genitori e alle nostre origini; quante volte ognuno di noi si pensa diverso dalla propria famiglia e si fantastica sui nostri veri genitori.

Nelle fantasie infantili ci si crede molto spesso figli di genitori di un grado sociale più elevato e che prima o poi qualcuno verrà a prenderci per riportarci a casa.

Il romanzo familiare (cfr. i molti scritti freudiani) così descritto, risolve molte problematiche (inconsce) in merito alle proprie origini e ai propri desideri.

Inoltre mitiga il senso di colpa legato alle fantasie incestuose (il maschietto le ha verso la mamma e la femminuccia verso il padre). La mitigazione avviene grazie al fatto che essendosi rappresentato come un trovatello, i desideri verso di loro sono più leciti.

L’Oracolo naturalmente informa Edipo di ciò che lo attende: ucciderà il proprio padre e sposerà la propria madre. I sacerdoti del tempio lo allontano perché ne provano ribrezzo e disgusto.

Com’è noto, nella fase edipica, la libido ha due spinte verso i genitori: una sessuale diretta verso il genitore del proprio sesso; una aggressiva verso l’altro.

Il povero Edipo, convinto di essere il legittimo figlio di Polibo e di Merope, tentando di fuggire al proprio destino, si allontana definitivamente da Corinto. Durante il suo peregrinare, ad un incrocio o un trivio, incontra degli sconosciuti che viaggiano su un carro. Il conducente del carro ordina in modo arrogante di cedere il passo e nel farlo si scontra con Edipo che viene ferito al piede (una ruota del carro gli passa sopra); ne segue una disputa cruenta dove uccide tutti meno il servo che riesce a scappare. Tra i morti c’è, indovinate chi? Laio, re di Tebe e suo padre biologico.

Edipo, come abbiamo visto, si allontana perché in un certo qual modo intende evitare la maledizione che grava sulla sua stirpe, ma certi accadimenti traumatici sono ineluttabili. Nonostante il tentativo di disinnescare il conflitto attraverso un meccanismo di difesa dell’allontanamento dall’oggetto.

Peccato che il caso (che non esiste) sta all’erta e l’incontro con il rivale è dietro l’angolo. Anche il bambino tenta di sottrarsi alla tentazione edipica senza riuscirci, dal momento che ad ogni angolo della propria esistenza troverà sempre i propri genitori. Si può anche fuggire da genitori reali ma mai da quelli interni, inconsci.

Nel racconto del mito, l’incontro avviene ad un incrocio (qualcuno sostiene che era un trivio) che altro non è che la rappresentazione del triangolo simbolico genitori-figlio. Ogni volta che ci troviamo, magari in un sogno, di fronte ad un incrocio di più strade, quasi sempre ci troviamo in concomitanza di una rievocazione dell’Edipo.

Come accadde ad Edipo anche il bambino si trova la strada sbarrata dal padre al ‘… fare come desidera ….’ o, tradotta in una terminologia psicoanalitica, al soddisfacimento delle pulsioni.

Sofocle esprime inconsciamente lo stesso gesto (ferita ai piedini da parte di Laio, ferita al piede fatta dalla ruota del carro) che Freud tradurrà in ‘coazione a ripetere’, ovvero la necessità di ricreare un qualcosa di traumatico o comunque doloroso.

La coazione a ripetere, contraria al principio del piacere, rappresenta, in un certo modo, il tentativo di ricreare l’illusione di cambiare ciò che è successo (ecco perché le sindromi post traumatiche sono caratterizzare dalla coazione; con essa si ricorda incessantemente al solo scopo, illusorio, di cambiare quello che è accaduto).

Quante volte ripetiamo nella nostra mente un qualcosa di angoscioso al solo scopo di poter cambiare quel ‘momento’ per noi fonte di tanta sofferenza, con una battuta nuova o diversa (avrei potuto dire così oppure colà, ….). Edipo, non si sottomette all’autorità dell’auriga che gli chiedeva il passo, così come il bambino non si sottopone all’autorità autorevole o autoritaria del genitore, ma si rifiuta, si ribella e vorrebbe che questi ‘sparisse’ perché gli impedisce il possesso dell’altro genitore.

Questo fatto inconscio è sicuramente accaduto nella realtà della storia dell’uomo e lo troviamo negli studi e nelle ricerche di Darwin. In tempi antichissimi, pare esistesse una specie di orda primordiale.

Altro non era che una sorta di organizzazione sociale, caratterizzata dal fatto che gli esseri umani vivevano in piccoli gruppi, capeggiati da un uomo che era il più forte, più violento e sicuramente anche geloso; questi si accoppiava con tutte le donne, che divenivano di sua proprietà e con le quali procreava.

Queste donne venivano isolate e quindi non in contatto con gli altri uomini compresi i suoi figli. Se si sentiva minacciato da uno di questi, fosse anche un suo figlio non esitava ad ucciderli o ad evirarli.

Se gli studi di Darwin rispondono a verità (e non c’è stata nessuna smentita), Freud ipotizzò che questi fatti reali, tradotti in miti, leggende e fiabe, rimangono come tracce ‘mnestiche’ dove, il fatto originario, rimane sotto forma di rappresentazioni oniriche, artistiche o fantasie inconsce.

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