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Empatia e neuroni a specchio

Empatia e neuroni a specchio
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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Empatia e neuroni a specchio – cosa sono

Empatia e neuroni a specchio, cosa sono. Sono una classe di neuroni o più precisamente, una classe di circuiti neuronali che si eccitano quando si fa una   determinata cosa e la si vede fare anche agli altri.

Se un soggetto fa una certa cosa, i circuiti neuronali specifici si attivano. Prove strumentali come la risonanza magnetica hanno dimostrato che le stesse aree si attivano anche se la determinata azione (compiuta dal soggetto A)  viene osservata da altri soggetti.

Ma c’è di più, tali neuroni si attivano, ad esempio, anche in casi estremi in cui un soggetto senza l’uso degli arti inferiori vede un’altra persona calciare un pallone.

Se il nostro partner sta cogliendo un fiore e ci guarda, subito arriviamo alla conclusione che quel fiore ci verrà donato.

Tale scoperta è molto importante per la storia dell’umanità perché spiega finalmente tante cose che prima sembravano indeterminate.

Ad esempio spiegano il funzionamento della imitazione (apprendimento attraverso l’imitazione) ma anche del linguaggio.

Quindi quasi tutte le ricerche portano ad affermare che c’è una  stretta correlazione tra l’azione e l’osservazione.

I neuroni a specchio e la psicologia

Dal punto di vista psicologico i risvolti sono notevoli. Tutte le volte che oggettivizziamo, cioè comprendiamo l’altro, che poi vuol anche dire riuscire a provare ciò che l’altro prova, esprimiamo la nostra appartenenza al genere umano.

Per la prima volta, grazie a questa scoperta, sappiamo perché conosciamo meglio il senso del termine: empatia  (dal greco en, dentro, e pathos, sentimento). In altre parole, se faccio ciò che fai tu, allora siamo simili.

Ecco che allora questa cosa la possiamo definire ‘specifica’ , ovvero ereditata. Con questo termine si evidenzia quindi quella funzione della psiche che  permette di avere una maggiore confidenza con le emozioni e i sentimenti nostri e delle persone con cui abbiamo il privilegio di  accogliere nella nostra quotidianità.

Se riusciamo ad elaborare allo stesso modo, allora ci troviamo di fronte ad un  modello tipico (archetipo) quindi innato. Non siamo isolati, ma parte di un mondo relazionale universale.

La nostra è una consapevolezza che intenzionalmente  si esprime non solo sul fronte dell’agire umano ma anche su quello emozionale.   

Questo però non vuol necessariamente dire che se comprendendo l’altro, simpatizzo con l’altro. Semplicemente lo capisco ma sono libero di dissentire e promuovere (e agire) il mio modo di pensare e  dell’agire.

Quindi essere empatici vuol dire, dare un senso all’uomo in quanto inserito in un contesto sociale. Grazie ad essa infatti ci innamoriamo e creiamo amicizie, quindi: relazioni. 

Grazie all’empatia ‘comprendiamo’ l’altro andando anche oltre ciò che l’altro implicitamente sembra volerci dire.

Lo sanno i bimbi che ad esempio intuiscono ciò che i genitori vorrebbero e di conseguenza si reagisce a quelle stimolazione, quasi spesso subliminali, strutturando la propria personalità anche sulla base di compiacenza.

Alla base di questa ‘compiacenza’ potrebbe però, sul versante negativo, celarsi una forzatura, madre di tutte le ansie, che ogni analista vede quotidianamente alla base di molte nevrosi.

L’empatia, è una grande cosa perché genera i presupposti della meraviglia (amicizia, amore, socialità, etc) ma anche (fortunatamente solo a volte), una negativa percezione della propria missione nella vita. 

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