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Anoressia e bulimia: come alterare il cervello

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Anoressia e bulimia: come alterare il cervello

Secondo uno studio della Università del Colorado “Anschutz Medical Campus”, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista di medicina: ‘Translation PsychiatryUSA’, esisterebbe un meccanismo cerebrale che altera (ignorandolo) lo stimolo della fame che si riscontra sia nell’anoressia che nella bulimia nervosa. Quindi, l’anoressico non mangia perché nel cervello ci sono delle alterazioni delle strutture e delle funzioni cerebrali che regolano l’appetito.

Già in passato c’erano state ipotesi simili che sembrerebbe siano state confermate dallo studio di cui sopra.

 La ricerca è stata condotta da un team coordinato dal dr Frank, si è focalizzato proprio nella ricerca di quei circuiti (funzionali e strutturali) del SNC coinvolti nei meccanismi relativi alla alimentazione ove i più rispondono alimentandosi nel modo opportuno, altri invece astenendosi.

Anoressia e bulimia: la ricerca

Il campione usato per la ricerca (77 donne giovani) si suddivide in: 26 donne anoressiche; 25 bulimiche; 26 sane.  Le sane sono state reclutate attraverso un annuncio su media locali, le altra da due diverse strutture sanitarie specializzate. Tutte le donne non avevano mai sofferto in passato di gravi malattie neurologiche, né di gravi patologie, psicosi o traumi cranici oppure hanno fatto abuso di sostanze.

Il team di ricerca ha utilizzato la trattografia,  (che è una tecnica che permette una modellazione bidimensionale, che le neuroscienze usano per visualizzare i tratti neurali tramite il DTI – imaging con il tensore di diffusione – che è una tecnica di risonanza e analisi delle immagine digitalizzate).

Il team ha quindi scansionato e mappato il cervello delle donne focalizzandosi sulla materia bianca al fine di misurarne le reazioni in presenza dell’assorbimento di una sostanza contenente saccarosio (sapore dolce).

Le immagini ottenute, hanno evidenziato differenze tra quelle sane e non, al livello della materia bianca e dell’ipotalamo.

La materia bianca, adibita alla gestione e controllo delle connessioni tra le varie aree del SNC, ipotalamo compreso, mostrava alterazioni solo nelle donne anoressiche o bulimiche.

L’ipotalamo ha, tra le altre funzioni, quella di controllare lo stimolo della fame. Ciò che spinge verso la ricerca del cibo, sono stimolazioni che partono da questa regione del cervello.

La ricerca ha evidenziato che le persone sane, venivano guidate (attraverso l’interazione dell’ipotalamo con altre strutture quali lo striato ventrale collegata con il sistema limbico).

Nelle persone  malate (anoressia e bulimia nervosa) le connessioni risultavano invertite. Lo studio ha evidenziato che le vie usate dall’ipotalamo erano più deboli e i messaggi avevano un percorso invertito rispetto a come normalmente accade.  Tralascio qui di proposito nominare i centri nervosi coinvolti. Chi vuole approfondire può farlo attraverso la lettura dello studio completo (G. K. W. Frank, M. E. Shott, J. Riederer and T. L. Pryor, “Altered structural and effective connectivity in anorexia and bulimia nervosa in circuits that regulate energy and reward homeostasis”, articolo pubblicato su Translation Psychiatry, 01 Novembre 2016)

Anoressia e bulimia: conclusioni

Secondo i ricercatori, i soggetti affetti da anoressia e bulimia nervosa sarebbero in grado di alterare il corretto funzionamento dei centri adibiti al controllo di questa funzione importantissima, provocando reazioni diverse dai soggetti sani.

Gli esseri umani sono in grado, sin dalla nascita, di assaporare i gusti dolci, mentre i soggetti malati, per non prendere peso, evitano l’assunzione di specifici cibi. Sembrerebbe quindi che questo comportamento alimentare sia in grado di modificare tutti quei circuiti centrali che coinvolgono le funzioni dell’ipotalamo.

Evitare di mangiare dolci, per gli studiosi, può essere interpretato come una forma di comportamento condizionato che riesce, a modificare il funzionamento dei circuiti neuronali adibiti alla gestione che regola l’appetito al punto da ridurre, anche in modo significativo, la funzione dell’ipotalamo.

In futuro si cercherà di verificare, lavorando anche sui bambini, se i processi alla base dell’appetito, seguono il meccanismo del condizionamento operante per verificare e comprendere quando e se, tutto ciò avviene nella vita di un individuo.

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