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Il Buddismo e il disagio psicologico

Il buddismo e l'ansia
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Cosa dice il buddismo in merito alla gestione del disagio psicologico

Il buddismo e la sua filosofia millenaria, si focalizza molto sul benessere individuale e attraverso i suoi insegnamenti può dare benefici significativi dal punto di vista psicologico.

La quotidianità a cui siamo vincolati, è indubbiamente densa di stress. Il lavoro, la famiglia, gli amici, gli imprevisti, … ci costringono a vivere in uno schema a volte troppo complesso, poco rilassante, stressante, …

Corriamo sempre, e non siamo mai rilassati. Basta vedere la gente che cammina, tutti con il cellulare in mano, tutti che interagiscono con esso, mai un attimo di tregua per vedere gli alberi, il cielo, un bambino, le persone intorno a noi, …

Velocità, competizione, efficienza, successo, ingredienti ove due stressor importanti prolificano e a cui spesso non ne sopportiamo il peso. Lo stress e l’ansia, quasi fossero germi patogeni, prolificano nel brodo biosociale in cui siamo perennemente immersi.

Il risultato di questa immersione che toglie il respiro, il nostro sistema nervoso, evoluto negli ultime 2.3 milioni di anni, si trova ad affrontare negli ultimi 20anni, sfide a velocità incredibili.

Lettura di approfondimento: Psicologia e buddismo

I tempi di adeguamento sono più lenti della velocità a cui andiamo. Per alcuni le sfide sono esagerate, per alcuni quindi, ansia e stress potrebbero essere oltre la soglia. In queste situazioni qualcosa cede e il risultato può essere quello di avere disturbi sia fisici (eccessiva stanchezza, perdita di appetito, disturbi del sonno, …) che psichici (irritabilità, depressione, disturbi relazionali, calo delle prestazioni lavorative, …)

I disturbi fisici e psichici, di cui ho dato un breve accenno) ci impediscono l’accesso al benessere. Ci proietta nel passato (depressione) che nel tempo rimane solo uno sbiadito ricordo, e ci proietta nel futuro che non c’è (ansia) e ci costringe a ipotizzare o temere cose e/o fatti che potrebbero non accadere mai; tutta questa attenzione sul passato e sul futuro ci impediscono di vivere bene nell’unico tempo reale, il presente. E’ nel presente che tessiamo relazioni, che ci preoccupiamo e occupiamo di chi ci sta vicino e soprattutto di noi stessi.

Il buddismo, ci viene in aiuto, ci da la possibilità di vedere con altri occhi, di cambiare la frenesia di questi ritmi.

Chi ha confidenza con i dettami del buddismo, conosce bene alcune modalità tipiche che offrono la possibilità di ottimizzare, migliorandola, la qualità del nostro vivere quotidiano, e affrontare stress ed ansia in modo tale che l’intervento delle medicine risulta non necessario.

Ma quali sono le ‘dritte’, che il buddismo ci suggerisce?

Vediamoli insieme.

Non ti attaccare alle cose

La sofferenza, per il buddismo, nasce dall’attaccamento che si possono avere per le persone oppure per le cose.

Questo attaccamento, limita il senso di liberta. Se siamo attaccati ad una macchina, ad esempio, e ce la rubano, ovviamente soffriamo. Se siamo attaccati al nostro partner e questi ci lascia, noi soffriamo, e così via. Il buddismo suggerisce di non attaccarci a nulla.

Ovviamente è una estremizzazione, ma pensiamo ad esempio alle persone che sono letteralmente ossessionate verso persone e /o cose. Questa ossessione (a questo si riferisce il buddismo) provoca solo una cosa: una dipendenza che può essere così forte da far perdere di vista il reale senso della cosa.

Se siamo ossessionati, la nostra mente entra in uno stato alterato e la percezione del reale è distorta.

L’ossessione per le cose, per tutto ciò che abbiamo, potrebbe divenire così estremo che nulla ci accontenterebbe. Nulla ci renderebbe pienamente soddisfatti.

La stessa cosa avviene con l’attaccamento verso le persone.

Quando questo attaccamento diviene patologico, corriamo il rischio di aver paura, tanta paura di rimanere soli. Tutto ciò, portato all’estremo, incrementa ansia (da abbandono). Questo incremento smodato e innaturale dell’ansia (che può divenire un’ossessione) potrebbe farci soffrire e far sviluppare in noi il bisogno di controllo.

Ora io mi chiedo e ci chiedo: tutto questo può portare gioia? No non può perché il tutto è stato generato dalla nostra mente e non da fatti oggettivi.

Quando l’attaccamento diviene ossessione, nella nostra mente c’è un corto circuito che ci obbliga a usare gli stessi circuiti neuronali. L’uso smodato degli stessi circuiti (pensare sempre alla stessa cosa) crea frustrazione, e toglie la pace, oltre che il sonno.

Come dicevamo sopra, ma ora lo vorrei rafforzare, la pace non ci viene tolta perché possediamo beni e abbiamo relazioni stabili; ma solo quando le situazioni i legami divengono ossessivi; quando l’attaccamento che abbiamo verso queste cose, divengono fonte di continui pensieri.

Sono queste modalità che generano ansia, che ci rendono stressati, che ci rendono infelici e senza quiete.

L’azione rende tutti felici

“Il segreto della salute fisica e mentale non sta nel lamentarsi del passato, né del preoccuparsi del futuro, ma nel vivere il momento presente con saggezza e serietà”.

Hic et nunc, qui e ora. E’ in questo nostro presente che risiede la felicità. Il presente è l’unico luogo ove viviamo, agiamo, … le altre dimensioni temporali non ci sono, l’azione si svolge sempre e solo nel presente e quindi sempre e solo nel presente dobbiamo cercare la felicità.

E’ proprio in questa dimensione (qui e ora) che il buddismo focalizza la sua attenzione. Il buddismo ci insegna che il massimo della nostra pienezza si realizza solo nel presente, ed è in questo presente che dobbiamo agire, sviluppare la nostra attenzione, i nostri sforzi. Quello che accade, accade e non dobbiamo, in nessun modo, pensare che sarebbe potuto accadere diversamente.

Tutti questi eventuali pensieri tesi a dipingere un’altra realtà, sono fuorvianti, inutili, dannosi.

Se dormi, dormi . Se cammini, cammina.  Se mangi, mangia. 

Come a rinforzare quanto detto sopra, è bene ricordare che quando stiamo facendo una cosa, dovremmo concentrarci solo su quella cosa che stiamo facendo, altrimenti potremmo perderci e, privi della necessaria concentrazione, potremmo farlo male.

L’hic et nunc ha uno scopo. Il suo scopo è quello di tenerci concentrati proprio li. Evitare che qualcosa di noi si allontani, si perda, … magari in qualche ricordo, nel passato. In tal modo, il passato potrebbe influire su ciò che stiamo facendo e compromettere l’azione.

Allo stesso modo, se stiamo nel presente, dovremmo evitare di anticipare il futuro, semplicemente perché non c’è. Potrebbe esserci  se ciò che stiamo facendo, è portato a conclusione.

I pensieri basati sui ricordi o sui desideri potrebbero offuscare il momento che stiamo vivendo.

Quindi, il buddismo dice di rimanere nel presente perché è l’unica scelta ragionevole per evitare il disagio psichico che in altri termini potremmo definire sofferenza.

Per il buddismo, il segreto della felicità sta solo nel presente, ignorando l’influsso dei ricordi e le aspettative del futuro e vivendo pienamente (sensazioni, emozioni, percezioni, …) ciò che stiamo facendo, ora. Operando in tal modo, la mente rimane libera, e non è in grado di accogliere l’ansia, lo stress, la paura,

Gli errori ci permettono di apprendere nuove competenze

Il buddismo ci dice che tutto ciò che facciamo genera un dato Karma. Nei termini occidentali lo avremmo sintetizzato evocando il principio di causa-effetto.

Questo karma può essere positivo oppure negativo (dipende dall’azione commessa). Anche nel buddismo, le cose, gli errori, si possono aggiustare. Contrariamente ai nostri usi e costumi, nel buddismo non c’è traccia del senso di colpa.

Quindi, autopunirsi o commiserarsi non ha senso, è un’azione inutile, proprio perché, non c’è nessuna colpa da espiare.

Il principio è sottile ma le differenze sono enormi. Il nostro presente è la somma del nostro passato, quindi, anche dei nostri errori.

Come facciamo a rimediare i nostri errori? In un solo modo, non facendoli più. Solo così, agendo sul presente, evitando di fare errori (fatti in passato e di cui siamo consapevoli) attireremo un karma positivo. Questo cambiamento, che avviene nel presente, fa si che sia possibile un futuro senza gli errori attuali.  

A proposito di proverbi, quale si applicherebbe in questo caso?

“Sbagliando si impara”

I proverbi (vox populi, vox dei) dovrebbero sintetizzare un luogo comune. Questo cosa ci insegna? Fondamentalmente che errare è pressoché inevitabile. Ma non esprime un destino ineluttabile dal momento che gli errori che facciamo hanno in se un aspetto positivo, quello di indurci a correggerci.

Recentemente però sento spesso dire che il proverbio è sbagliato perché pochi sono coloro che imparano veramente dai propri errori. Molti, forse troppi, si autoconvincono che pur facendo le cose allo stesso modo, così miracolosamente, prima o poi verrebbero meglio.

Ciò ha indotto Einstein a dire che:

“è da folli, fare le cose allo stesso modo, nella speranza che il risultato possa essere diverso.”

Quindi, il buddismo (e il buon senso) suggerisce di trovare un modo più efficace per risolvere i problemi.

I tuoi problemi sono tuoi e non dipendono dagli altri

I buddisti sanno che di tutto ciò che facciamo, bello o brutto, noi e solo noi ne siamo responsabili.

Dobbiamo prenderci la piena responsabilità delle nostre azioni, delle nostre decisioni, … non è mai colpa degli altri, oppure della malasorte, o del caso, per i nostri problemi.

Attribuire ad altri colpe che sono solo nostre, equivarrebbe ad ammettere che non sappiamo gestire la nostra vita, che l’affrontiamo con superficialità, e che siamo incapaci, quindi non in grado di cambiare, ciò che viene percepito come gravoso e poco piacevole.

Non riconoscere questa verità oserei dire quasi assoluta, genera solo un aumento di stress e di ansia, di frustrazione, … 

Un altro elemento è l’assenza di un senso critico. Pensare che tutto ciò che ci succede dipende solo dagli altri o da cause esterne, o peggio ancora che a nessuno importa di noi, oltre ad essere riduttivo, non offre soluzioni.

Cosa ci rende frustrati? L’assenza di una reale soluzione ai problemi. E’ importante cambiare le proprie opinioni, le proprie prospettive, altrimenti si vivrebbe come in una gabbia.

Dice Socrate: ‘Saper dubitare delle nostre opinioni, ci rende migliori”.

Cosa dice il Buddismo? Noi e solo noi siamo gli artefici della nostra felicità oppure infelicità.

Se accettiamo questa costruzione, automaticamente abbiamo anche la soluzione, ovvero, che anche il nostro benessere, la nostra illuminazione, dipende da noi.

Non esiste un demiurgo che ci salva, perché ciò che ti salva sta dentro di te, quindi, tiralo fuori.

Tutto il bene e tutto il male, sta dentro di te, sta nelle tue capacità e allora visto che siamo in grado di fare l’uno e l’altro, attiviamoci per fare SOLO, ciò che ci toglie la sofferenza e ci da pace e benessere. Cambiando il nostro mondo interno, automaticamente tutto ciò che sta fuori viene percepito in modo totalmente diverso.

Una volta che disinneschiamo questo processo per innescare solo quello più efficace e costruttivo, interromperemo il ciclo negativo e le nostre azioni saranno più efficaci.

Solo così interromperemo il processo che porta al disagio psicologico.

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