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Anoressia nevrotica

Anoressia nevrotica
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Foto di photosforyou da Pixabay

Anoressia nevrotica

La anoressia nevrotica, insieme alla bulimia, appartiene alla categoria dei disturbi alimentari; è contraddistinta dal rifiuto di nutrirsi per paura di ingrassare e da un comportamento ipercontrollante nei confronto del cibo.

Concorrono e partecipano al disturbo vari fattori che sono di natura sociale, biologica e ovviamente, psicologiche. Inoltre è ampiamente dimostrato che è un disturbo prevalentemente femminile, dal momento che il 90% dei casi vengono rilevati nelle donne.

Guida disturbi alimentari

In merito alla anoressia nevrotica, val la pena riportare che nel 2004 è stata pubblicata una guida dei disturbi alimentari chiamata Guida NICE (National Institute for Clinical Excellence).

Tale guida rappresenta uno strumento ad uso e consumo del professionista che tratta i disturbi del comportamento alimentare sia nell’ambito adolescenziale che adulto; tuttavia è stato rilevato che  tale guida sia carente dal momento che le informazioni ivi riportate sono  scarse e non offrono un supporto esaustivo.

Nella Guida, infatti viene sottolineato che la sola cura farmacologica è insufficiente e suggerisce un intervento integrato, ovvero, farmaci, terapia individuale e intervento della famiglia.

Psicodinamica dell’anoressia nevrotica

La anoressia nevrotica, in ambito psicodinamico, evidenzierebbe che le madri di tali pazienti, abbiano avuto una femminilità svalutata (dagli altri oppure da se stesse); di conseguenza il loro modello identificativo è disfunzionale e le figlie sarebbero portate all’anoressia per annullare dal proprio corpo, tutto ciò che potrebbe essere riconducibile alla femminilità.

La ricerca avrebbe evidenziato che la maggior parte delle anoressiche abbiano un desiderio della madre che rasenta l’invasività.

Da ciò ne nascerebbe un conflitto insanabile contraddistinto da amore e da odio ove entrambi i soggetti (madre e figlia) tenderebbero a fondersi.

I genitori di questi soggetti (tipicamente la madre) reagiscono al malessere della figlia con ansia, anche grave; oppure con eccessiva preoccupazione, o con reazioni ostili, cariche di critiche, ma anche, al contrario, con un atteggiamento iperprotettivo.  

Tutte cose che, inutile dirlo, influenzano negativamente l’esito dell’anoressia.

Dinamiche famigliari e anoressia

Mai come in questa patologia, le dinamiche famigliari hanno la loro influenza. Mentre in altre situazioni nevrotiche il soggetto potrebbe riuscire (da solo o con la psicoterapia) ad affrancarsi dall’invischiamento famigliare e ritrovarsi, in questo caso sembrerebbe (e le varie ricerche lo sosterrebbero) che introdurre nella terapia anche la famiglia offra maggiori chance di successo.

Anche se viviamo in un epoca più ‘illuminata’, le resistenze verso il disagio psichico sono ancora molto forti. Di fronte al disagio psichico in generale e all’anoressia in particolare, le reazioni della famiglia possono essere molteplici.

Scoprire di avere una figlia anoressica può, in prima istanza, rappresentare un shock a cui può seguire una serie di emozioni che vanno dalla rabbia, alla confusione, tensione, rifiuto, etc e anche portare ad una percezione distorta e di sottostima del rischio.

Per questi genitori è bene che sia chiaro che non se ne esce con ‘la buona volontà’ esattamente come non lo è, nel caso di un grave disturbo cardiaco.

Minimizzazione del problema anoressico

La minimizzazione del problema della anoressia nevrotica e quindi ad una distorsione della reale portata del disturbo, lo porta a conseguenze estreme e alla ricerca tardiva dello specialista.

Un’altra percezione distorta è data dall’impotenza. I famigliari pensano che non ci sia nulla che essi possano fare. Nulla che possa influenzare positivamente il trattamento.

Mentre in un primo momento tendono a minimizzare il problema, in seguito, quando cioè il tratto patologico è conclamato, i loro comportamenti cambiano radicalmente e spesso, in modo opposto ed egualmente errato.

Si evince, dai risultati di queste ricerche, che la scelta di un trattamento integrato (farmaci, famiglia, individuo), teso a comprendere (e favorire il cambiamento) le caratteristiche di tutti gli attori, hanno la stessa importanza (e lo stesso peso).

La ricerca si è quindi focalizzata sulla comprensione delle caratteristiche psicologiche, in primis, della madre di queste pazienti (anoressiche) con l’obiettivo di mettere in piena luce la relazione esistente madre-figlia.

Anoressia nervosa – Caratteristiche del gruppo di osservazione

Il gruppo, che settimanalmente si incontravano per circa un anno era formato da 7 partecipanti e seguito da esperti in disturbi alimentari.

L’analisi dei risultati del materiale via via acquisito nel corso delle sessioni, ha evidenziato, nel rapporto madre-figlia,  alcuni tratti comuni che sono: ostilità e passione tra madre e figlia, il tipo di devozione dell’una vs l’altra, il reciproco controllo e come era impostato il gioco della dinamica onnipotenza dell’uno e impotenza dell’altra.

Anoressia nervosa – onnipotenza e impotenza

Le madri di questi soggetti hanno come sentimento dominante proprio quello della impotenza, proprio perché non riescono ad aiutare né a controllare le figlie nella loro battaglia con il cibo. Un altro sentimento molto forte e quello del senso di colpa perché si sentono responsabili del malessere della figlia.

Sul fronte opposto, quello dell’onnipotenza, le madri pensano che prima o poi riusciranno a cambiare le cose che girano (male) intorno alle loro figlie; dal momento che questo non accade, torna forte il sentimento contrario (impotenza) e ciò le induce ad aumentare il controllo. Peccato che è proprio questo che allontana le figlie.

In uno studio specifico (Psychological characteristics of mothers of patients with anorexia nervosa: implications for treatment and prognosis https://www.scielo.br/scielo.php?script=sci_arttext&pid=S2237-60892012000100004), Gorgati sostiene che questa alleanza/lotta  (fusione) tra madre è figlia esclude totalmente il mondo e in particolare il padre visto come un intruso e disturbante.

According to Gorgati, the alliance and struggle formed between mother and daughter cordon them off from the rest of the world; in this scenario, the father is seen as an intruder who disturbs the fused mother/daughter. We have observed that the mother tries to collude with the daughter against the father, arguing that mother and daughter need each other in order to deal with a not very understanding father.’

Si evince quindi che il padre assumerebbe un ruolo di marginale importanza  in queste dinamiche.

Anoressia nervosa – il controllo

Il centro nevralgico di questi pazienti è rappresentato proprio dal controllo. Controllo che il paziente esercita nell’ambito della famiglia e dell’ambiente.

In questi pazienti, convivono anche altri disturbi quali l’inflessibilità, il perfezionismo etc, tipico di un altro grave disturbo: il DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo).  I ricercatori ritengono che sono tutti elementi correlate con le dinamiche del controllo. Il continuo amore/odio, tensione tra gli impulsi e la inevitabile necessità di controllarli, siano alla base della continua lotta tra madre e figlia.  Ma perché le madri tentano continuamente di controllare le figlie? Perché ritengono che esse, le figlie, non sono assolutamente in grado di autogovernarsi. Nelle figlie accade la stessa cosa e tutto ciò crea un circolo vizioso ove entrambe di sfiduciano ed entrambe violano lo spazio dell’altra. Questo tira e molla alla fine termina. Si raggiunge una posizione di totale indifferenza; tra le due si stabilisce il crollo di confini specifici. Ciò che è della madre e ciò che è della figlia, alla fine non è più distinguibile.  

Le madri cominciano a pensare che la figlia usi la malattia per controllare la vita degli altri. Si sottomettono alla figlia, non comprendono la loro sofferenza come del resto non sono in grado di comprendere il loro ruolo e quanto sia difficile essere madri.

Tutto viene vissuto con senso di colpa, permane l’illusione di controllare effettivamente le cose senza riuscire a realizzare che esse in realtà, sono paralizzate dalla malattia della figlia che poi altro non è che l’esistenza di una malattia della loro relazione. E’ la loro relazione ad essere malata.

Anoressia nervosa  – Passione, inibizione e devozione

Questo è l’aspetto più dirompente della problematica, la devozione con cui queste madri si dedicano alle loro figlie. La devozione è tale che produce un effetto devastante: l’annientamento. L’annientamento produce come effetto, che la figlia cessa di esistere come soggetto.  

Secondo i ricercatori il comportamento dell’anoressica è una conseguenza del tentativo di annientamento che la madre opera su di lei. Il processo che si instaura tra le due, di controllo e di reciproca dipendenza, porta alla perdita delle reciproche individualità.    

Anoressia nervosa  – Terapia

Secondo i ricercatori e nei casi ove il processo descritto sopra risulti evidente,  anche la madre dovrebbe sottoporsi a psicoterapia se si vuol trattare con successo l’anoressia della figlia. Il ganglio centrale starebbe proprio nel disarticolare definitivamente il meccanismo di controllo che reciprocamente esse attuano.

Ecco quindi che la terapia esercitata sulla paziente anoressica, dovrebbe estendersi anche al nucleo famigliare, con lo scopo di analizzare la complessità delle strutture psicologiche e attuare su di esse,  i necessari interventi terapeutici per restituire ad ogni soggetto il livello di libertà e autonomia più consono al riequilibrio della dinamiche del singolo e dell’intero nucleo.

I punti chiave su cui intervenire sono: ipercriticità, controllo, iperprotezione, ostilità, etc. Tutti questi aspetti vanno individuati al fine di eliminarli e promuovere un atteggiamento più consono.

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