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Il danno da lutto

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L’espressione “danno da morte” (cosiddetto danno tanatologico) indica diverse situazioni giuridiche, riferibili: a) direttamente al danneggiato; b) alle cosiddette “vittime secondarie” (congiunti o parenti).

  1. danno tanatologico diretto: un soggetto perde la vita per fatto ingiusto altrui; la perdita della vita è risarcibile come danno biologico ed è trasmissibile iure hereditatis. Esistono due sotto ipotesi: a) perdita istantanea della vita; b) lesioni (o malattia) con esito mortale.
  2. Danno tanatologico riflesso: menomazione psicofisica del congiunto, parente o convivente, come conseguenza causale della morte del soggetto: l’evento-morte produce un ulteriore evento che danneggia la salute del terzo il quale agisce iure proprio e nel caso in il dolore per la morte del congiunto incida sulla personalità del soggetto fino a determinare la compromissione psichica, in definitiva un danno psichico. Può essere riconosciuto il risarcimento del danno iure proprio anche ai congiunti di vittime che abbiano subito gravissime lesioni non mortali dall’evento.

E’ risarcibile il danno alla salute di un familiare (c.d. vittima secondaria) in seguito  alla morte di un congiunto (c.d. vittima primaria) derivante da fatto illecito, in quanto esso costituisce “il momento terminale di un processo patogeno originato dal medesimo turbamento dell’equilibrio psichico che sostanzia il danno morale soggettivo e che in persone predisposte da particolari condizioni (debolezza cardiaca, fragilità nervosa, etc) anziché esaurirsi in un patema d’animo o in uno stato d’angoscia transeunte, può degenerare in un trauma fisico o psichico permanente  alle cui conseguenze in termini di qualità personali, e non semplicemente al pretium doloris in senso stretto, va allora commisurato il risarcimento (Cort. Cost. 24-10-1994, n. 372).

Il danno da lutto si configura quando fallisce il processo di elaborazione psichica che si realizza attraverso il “lavoro del lutto”, processo che può anche sfociare in un insuccesso, con esito in un “lutto patologico”. Una patologia da lutto può anche riscontrarsi in rapporto ad altri diversi eventi destabilizzanti sul piano esistenziale, quali ad esempio, la perdita della propria identità, del sentimento della propria immagine o della propria attività lavorativa, eventi che possono equivalere alla perdita dell’oggetto d’amore, e che possono innescare in determinati casi una risposta eccessiva, ovvero patologica.

Operativamente il perito, una volta identificata nosograficamente la patologia psichica utilizzando il DSM IV o altre classificazioni nosologiche, deve esaminare l’esistenza di un nesso di causalità materiale tra la patologia psichica rilevata e l’evento psicolesivo di interesse giuridico.

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