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Timidezza e psicoanalisi

Timidezza e psicoanalisi
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Foto di Nickbar da Pixabay

Timidezza e psicoanalisi

Cosa può fare la psicoanalisi per la timidezza? qual è l’interpretazione della timidezza secondo la psicoanalisi.

Il timido e di conseguenza la timidezza, rappresenta uno dei problemi psicologici più diffusi  della personalità  e si stima che ne soffra almeno un 40% della popolazione.

Nel timido si può differenziare un aspetto permanente del carattere; ci sono i timidi temporanei, persone cioè che periodicamente e in particolari circostanze ne soffrono e poi ci sono i casi estremi, quelli cioè che caratterizzano persone estremamente timide al punto di essere addirittura sociofobi.

Alla radice della timidezza (anche quella mascherata da un atteggiamento aggressivo e sicuro), c’è una concezione negativa di sé ove il soggetto non riesce a stabilire un contatto con gli altri perché non si ritiene all’altezza, mentre gli altri, a loro volta, hanno la sensazione di essere respinti e di conseguenza, si allontano.

Quando la timidezza è patologica, il soggetto potrebbe avere una personalità con scarsa autostima, come risultato, ad esempio, di una serie di episodi precoci di umiliazione e derisione da parte delle stesse figure significative (figure di attaccamento) che, invece, dovrebbero assicurare protezione e contenimento.

Sul fronte psicoanalitico, la timidezza, che poi si può declinare anche in vergogna, rappresenta una risposta alla incapacità di vivere al livello del proprio Io ideale e l’eventuale senso di colpa,  insorge se trasgrediamo a ‘regole’ che hanno origine al di fuori di noi, ma che è rappresentat0 dal Super-Io); la vergogna interviene se non si riesce a raggiungere un ideale di comportamento che ci si è prefissati.

La ricerca psicoanalitica

Le ricerche psicoanalitiche sono orientate nell’affermare che la tensione tra l’Io e l’ideale dell’Io, spiega il sentimento della vergogna, mentre la colpa sarebbe il risultato della tensione tra le parti del Super-Io e dell’Io.

Se è vero, come sostiene Freud, che la nevrosi sarebbe il negativo della perversione, allora  la vergogna può essere considerata il negativo dell’esibizionismo. Le fantasie del timido patologico, abbastanza spesso,  possono contenere scenari di grandiosità, di desiderio di esibirsi.
Il ciclo della vergogna a volte è interrotto dalla rabbia provocata dopo lo stimolo principale. La rabbia gli permette di sentirsi più forte e meno dipendente dagli altri, almeno per un pò. Altri Autori, invece, pongono in rilievo il problema delle reazioni di vergogna con i sensi di colpa.

Timidezza e psicoanalisi – Aiuto terapeutico

Come abbiamo visto, la timidezza limita notevolmente la qualità della vita; affrontare in una terapia individuale e quindi  in una condizione di maggiore tranquillità, le fantasie sottostanti e soprattutto comprendere la struttura di personalità che accoglie e usa questa modalità di affermare se stesso nel mondo autolimitandosi, è un lavoro che permette di comprenderne le ragioni e di conseguenza fornisce, definitivamente, un modo di vivere diverso e più soddisfacente.

Ogni persona, tuttavia, è timida a modo suo. Sulla base delle circostanze alcune persone reagiscono in modo specifico.

Ad esempio, una persona può essere particolarmente timida nei confronti dell’altro sesso o dell’autorità che può essere religiosa, sociale o artistica, oppure il proprio padre, il capoufficio, oppure l’insegnante.

Da ciò si evince che alla base della timidezza è presente un sentimento di frustrazione e di inferiorità nei confronti degli altri.

Il timido, per fronteggiare il proprio disagio preferisce limitare al massimo il contatto con gli altri e spesso preferisce starsene a casa da solo.

Quando però non riesce e si trova in presenza di altri, si sente esposto a rischi del tipo: non riuscire a controllare l’intensità del proprio disagio nei diversi contesti sociali;  non controllare i segni visibili e fisiologici del suo disagio, essere respinto, ecc.

Timidezza e psicoanalisi – Come si manifesta

Il timido è facilmente soggetto ad una serie di manifestazioni che investono sia l’aspetto somatico che psicologico.

Dal punto di vista somatico abbiamo, ad esempio,  dilatazione dei vasi periferici: il rossore, oppure, al suo opposto il pallore del volto; disturbi della secrezione (traspirazione, soprattutto delle estremità, mancanza di saliva; deglutizione anormale); anomalie cardiache: sensazioni che il cuore stia per cedere; disturbi della parola e della respirazione: respiro corto, contrazioni del torace, parola strozzata, balbuzie, respirazione aritmica, cambiamento di voce che talvolta è molto bassa ed incomprensibile; incapacità di coordinare volontariamente i movimenti: esitazione, movimenti involontari, facilità ad inciampare, a rompere oggetti, mancanza di equilibrio; tremolio alle dita; spossamento, sudore, ecc.

Dal punto di vista psicologico,  il timido si sente completamente paralizzato, reagisce in un modo assurdo ed impacciato. Pur essendo intelligente, il timido può apparire stupido.

La circostanza che ha generato la timidezza viene percepita dal timido con molta chiarezza; infatti vengono  fissati i più minimi dettagli, le piccole impressioni generando un continuo e schiavizzante  rimuginare.

Per via della paura, spesso hanno la sensazione di soffocare ed hanno il forte desiderio di fuga; ogni tentativo di reagire non fa che aumentare la paura. Qualsiasi attività di ritirata viene così esclusa e il timido prova dentro di sé la paura di un animale in gabbia.

Questa sofferenza può essere generata anche alla sola idea di dover affrontare una situazione che si conosce e che si considera pericolosa, come ad esempio il rifiuto di partecipare ad una riunione, ad un pranzo, o ad un appuntamento: il rifiuto anticipato di tali situazioni fa spesso scatenare nei timidi dei malesseri fisici.
Esistono anche forme di timidezza legate alla non accettazione del proprio aspetto fisico del tipo:  sono diventato timido perché troppo grasso/magro/alto/basso, etc  oppure  perché ho i capelli rossi, oppure sono pelato, oppure perché ho il naso grosso, etc.

Le varie tipologie della timidezza

Esistono varie tipologie di timidezza, infatti c’è chi ha  paura di disturbare l’altro, chi invece ha l’impressione ossessiva e paralizzante che gli altri siano lì per giudicarci. Chi ha paura di fare domande in classe, andare al lavoro, o chiacchierare con i colleghi.

Questi timidi temono sguardi, silenzi, situazioni di stasi cui sembra aprirsi un baratro tra loro e l’interlocutore. Il massimo del disagio consiste nel percorrere un tragitto in automobile con una persona che non si conosce molto bene.

Senso di paralisi, sudorazione e tensione interna riflettono questa paura di non “saper fare conversazione”. Altri invece, al contrario  sono a proprio agio con le conversazioni quotidiane, ma si bloccano quando si sfiora la loro vita personale.

L’inizio di questo disturbo risale spesso all’infanzia o all’adolescenza. Una volta apparsa può durare per anni, talvolta anche per tutta la vita. Fin dall’infanzia si sentono inibiti ed è difficile dire se la loro fobia sia scaturita dall’inibizione o viceversa. In età adulta hanno tendenze ansiose generalizzate e sono spesso demotivati, privi di autostima e demoralizzati, tutti sintomi simili alla depressione.

Esistono inoltre soggetti i cui genitori, non di rado erano, a loro volta, timidi e introversi, e che quindi crescono in assenza di modelli alternativi.

E’ inoltre ben noto che alcuni genitori, per ragioni che non esploriamo in questo documento, possano aver avuto, nei confronti dei propri figli,  atteggiamenti svalutativi, con critiche e derisioni continue, come ad esempio da parte di un padre autoritario che aveva scelto uno dei figli come capro espiatorio o che riponeva in lui aspettative smisurate.

Altri, al contrario, avevano genitori, che convinti di agire nel loro bene, sono stati iperprotettivi; altri bambini si sono sentiti schiacciati o esclusi perché cresciuti in ambiente troppo adulto, nel quale la loro emotività non poteva esprimersi liberamente e altri ancora sono stati bambini frustrati o per mancanza di affetto o per mancanza di comprensione; ci sono poi quelli che sono stati dominati e soffocati da uno dei genitori ed infine quelli che hanno avuto un padre che, reputandosi molto intelligente, glielo faceva sempre notare.

Un riferimento alla coperta di linus può chiarire e completare in parte questo punto

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